Antologia dal volume
“Ultime conversazioni”
[il numero che precede i capoversi indica la pagina]
32 - [Decidere la
rinuncia] Deve richiedere una forza incredibile. In questo genere di cose
si riceve un aiuto. Ma per me era anche chiaro che dovevo farlo e che quello
era il momento giusto. E la gente l’ha accettato. Molti sono grati che adesso
il nuovo papa abbia un nuovo stile. Altri magari mi rimpiangono un po’ ma intanto
sono riconoscenti anche loro. Sanno che il mio momento era passato e avevo dato
ciò che potevo dare. Quando divenne
definitiva la sua decisione? Direi durante le ferie del 2012. In agosto?
Sì, più o meno.
33 - Quando e da chi fu scritto il testo con cui annunciava le sue dimissioni? L’ho scritto io. Non posso dire con precisione quando, ma al massimo due settimane prima. Perché in latino? Perché una cosa così importante si fa in latino. Inoltre il latino è una lingua che conosco così bene da poter scrivere in modo decoroso. Avrei potuto scriverlo anche in italiano, naturalmente, ma c’era il pericolo che facessi qualche errore.
38 - Eppure i media
italiani dissero che il vero retroscena delle sue dimissioni era da ricercare
nello scandalo Vatileaks, che riguarda non solo il caso di Paolo Gabriele, ma
anche problemi finanziari e intrighi in seno alla curia. Alla fine le trecento
pagine del rapporto d’inchiesta su queste vicende l’avrebbero talmente
scioccata da non farle vedere altra via d’uscita che far posto a un successore.
No, non è assolutamente vero. Al contrario, le cose erano state del tutto
chiarite. Una volta ho detto, proprio a lei credo, che uno non può dimettersi
quando le cose non sono a posto, ma può farlo solo quando tutto è tranquillo.
Io ho potuto dimettermi proprio perché riguardo a quella vicenda era ritornata
la serenità. Non si è trattato di una ritirata sotto la pressione degli eventi
o di una fuga per l’incapacità di farvi fronte.
Alcuni giornali parlarono perfino di ricatto e cospirazione.
Sono
tutte assurdità. Devo dire che il fatto che un uomo, per qualsivoglia ragione,
si sia immaginato di dover provocare uno scandalo per purificare la Chiesa è
una vicenda insignificante. Ma nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei
nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non
bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero
deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di
chi ha superato la difficoltà. Lo stato d’animo in cui si può passare
tranquillamente il timone a chi viene dopo.
42 - Cosa ha pensato
quando il suo successore si è affacciato sulla loggia della basilica di San
Pietro? E per di più vestito di bianco? È stata una sua scelta, anche noi
che l’abbiamo preceduto eravamo in bianco. Non ha voluto la mozzetta. La cosa
non mi ha minimamente toccato. Quello che mi ha toccato, invece, è che già
prima di uscire sulla loggia abbia voluto telefonarmi, ma non mi ha trovato
perché eravamo appunto davanti al televisore. Il modo in cui ha pregato per me,
il momento di raccoglimento, poi la cordialità con cui ha salutato le persone
tanto che la scintilla è, per così dire, scoccata immediatamente. Nessuno si
aspettava lui. Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In
questo senso è stata una grossa sorpresa. Ma poi il modo in cui ha pregato e ha
parlato al cuore della gente ha subito acceso l’entusiasmo. (...)
Contento per il
risultato dell’elezione?
Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro.
Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini,
sono stato davvero contento. E felice.
43 - Papa Francesco
rappresenta una novità sotto molti aspetti: è il primo gesuita sulla cattedra
di san Pietro; il primo a portare il nome di Francesco. E soprattutto è il
primo papa del «nuovo mondo». Che cosa significa per la struttura della Chiesa
cattolica mondiale?
Significa che la Chiesa è in movimento, è dinamica,
aperta, con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi. Che non è congelata in
schemi: accade sempre qualcosa di sorprendente, che possiede una dinamica
intrinseca capace di rinnovarla costantemente. Ciò che è bello e incoraggiante
è che proprio nella nostra epoca accadono cose che nessuno si aspettava e
mostrano che la Chiesa è viva e trabocca di nuove possibilità.
44s - Si dice che il
buon Dio corregga un po’ ciascun papa nel suo successore: in che cosa la
corregge papa Francesco? (Ride.)
Direi con la sua attenzione verso gli
altri. Credo sia molto importante. È certo anche un papa che riflette. Quando leggo
il suo scritto, Evangelii gaudium, o anche le interviste, vedo che è un uomo
riflessivo, uno che medita sulle questioni attuali. Allo stesso tempo, però, è
una persona molto diretta con i suoi simili, abituata a stare sempre con gli
altri. Che non viva nel palazzo apostolico bensì a Santa Marta, dipende dal
fatto che vuole sempre essere circondato dalla gente. Direi che questo si può
ottenere anche su [nel palazzo apostolico, ndr], ma è una scelta che mostra
un nuovo stile. Forse io non sono stato abbastanza in mezzo agli altri, effettivamente.
Poi, direi, c’è anche il coraggio con cui affronta i problemi e cerca le
soluzioni.
47 - Dunque non vede
una rottura con il suo pontificato?
No. Naturalmente si possono
fraintendere alcuni punti per poi dire che adesso le cose vanno in modo del
tutto diverso. Se si prendono singoli episodi e li si isolano, si possono
costruire contrapposizioni, ma ciò non accade quando si considera tutto
l’insieme. Forse si pone l’accento su altri aspetti, ma non c’è alcuna
contrapposizione.
Allora, fino a questo
momento lei è soddisfatto del ministero di papa Francesco? Sì. C’è una
nuova freschezza in seno alla Chiesa, una nuova allegria, un nuovo carisma che
si rivolge agli uomini, è già una bella cosa.
105 - Come e dove
riflette meglio? Da un lato alla scrivania, però, quando devo ponderare
bene una questione, mi distendo sul divano. Lì si può riflettere
tranquillamente sulle cose.
Ha sempre avuto
un divano nelle vicinanze?
Non posso farne a meno.
109 - Tutte le sue
annotazioni nei lavori dei suoi studenti sono scritte a matita. (Ride.) Ho
sempre fatto così. Scrivevo così da ragazzo e mi è rimasta l’abitudine. La
matita ha il vantaggio che si può cancellare. Quando scrivo con l’inchiostro,
ciò che è scritto è scritto.
Anche da
papa ha scritto con la matita? I libri su Gesù, per esempio?
Sì. Sempre.
Mai con la penna?
Mai.
150 - A quel tempo [fine
anni sessanta] ci fu una petizione per abolire il celibato, che lei firmò. Fu
un passo falso?
Il documento fu elaborato da Rahner e Lehmann e discusso in
seno alla Commissione dottrinale della Conferenza episcopale tedesca di cui
eravamo membri. Era così tortuoso, come sono appunto i testi di Rahner, che da
un lato rappresentava una difesa del celibato, dall’altro cercava di lasciare
aperto il problema per un’ulteriore riflessione. Io firmai più per l’amicizia
verso gli altri. Non fu naturalmente una decisione felice, ma direi che non si
trattava di una richiesta di abolire il celibato.
156 - Si spaventò
quando fu eletto il cardinale polacco?
Niente affatto. Ero un suo
sostenitore.
162 - Delle differenze
almeno [con GPII]. Si dice per esempio che l’incontro di preghiera del papa ad
Assisi con i rappresentanti delle religioni mondiali non l’abbia entusiasmata.
È
vero, ma non abbiamo avuto contrasti perché sapevo che le sue intenzioni erano
giuste e, viceversa, lui sapeva che io seguivo un’altra linea. Prima del
secondo incontro di Assisi mi disse che avrebbe comunque gradito la mia
presenza e io ci andai. Quello fu anche un incontro meglio organizzato. Le
obiezioni che avevo sollevato erano state accolte e la forma che la
manifestazione aveva assunto mi permetteva di partecipare.
163 - E come andò con
il grande mea culpa del 2000, con cui la Chiesa cattolica chiese perdono per
gli errori e le omissioni commessi nel corso della storia? Qui lei si oppose,
come si dice di frequente?
No. Ero d’accordo. Penso che sia lecito
chiedersi se i molti mea culpa abbiano veramente senso. Ma che la Chiesa, su
modello dei Salmi e del Libro di Baruch per esempio, confessasse le colpe
commesse nel corso dei secoli, lo trovai anch’io giusto.
173 - È davvero
difficile immaginare che lei sia andato in conclave senza pensare che potesse
capitarle di essere eletto.
In effetti, molti me ne parlarono, ma io non
potei prenderli veramente sul serio. Pensavo: non esiste, è irragionevole. Per
questo poi ne fui molto toccato.
Ci fu un
minuto in cui lei rifletté se dovesse accettare davvero l’elezione?
Certo,
anzi ci pensai in continuazione, ma in un certo senso sapevo di non poter dire
di no.
181 - Avrebbe potuto
annunciare una riforma, come fa papa Francesco, e nominare almeno le
commissioni competenti.
Ognuno ha il proprio carisma. Francesco è l’uomo
della riforma pratica. È stato a lungo arcivescovo, conosce il mestiere, è
stato superiore dei gesuiti e ha anche l’animo per mettere mano ad azioni di
carattere organizzativo. Io sapevo che questo non è il mio punto di forza. E
non era nemmeno necessario perché era appena entrata in vigore la riforma della
curia voluta da Giovanni Paolo II con la costituzione apostolica Pastor Bonus. Non mi sembrava giusto ribaltare subito di nuovo tutto. La verità è che non
potevo intraprendere nessun tipo di operazione di carattere organizzativo a
lungo termine. Ma ero anche del parere che non fosse il momento di farlo.
188 - Nella già citata
Via crucis al Colosseo del Venerdì Santo del 2005 lei parlò della sporcizia
presente nella Chiesa. Si riferiva già allora ai casi di abuso? C’erano
anche quelli, ma ho pensato a tante cose. Un cardinale della Congregazione per
la dottrina della fede viene a conoscenza di così tanti particolari, perché
tutti gli scandali arrivano lì, che bisogna possedere una grande forza d’animo
per sopportare. Che nella Chiesa ci sia della sporcizia è cosa nota, ma quello
che deve digerire il capo della Congregazione per la dottrina della fede va
molto oltre e pertanto volevo semplicemente pregare il Signore che ci aiutasse.
194 - C’è stato nella
sua vita il momento in cui ci si chiede se tutto quello che crediamo su Dio non
è solo un’idea? Se un giorno non ci si debba svegliare e dire: sì, ci siamo
sbagliati?
La domanda «Tutto questo ha davvero un fondamento?» naturalmente
si ripresenta sempre in ciascun uomo ma io ho avuto così tante esperienze
concrete di fede, esperienze della presenza di Dio, che ho armi a sufficienza
per superare quei momenti.
E i grandi
dubbi non ci furono mai? Nel corso della sua giovinezza, per esempio, quando
era studente?
Allora meno che mai. La Chiesa era ancora così viva, tutto
era ancora così facile e diretto, autentico e privo di contrasti. No, solo
dopo, quando il mondo è andato in pezzi e il cristianesimo, la stessa Chiesa,
sembrava aver smarrito la propria identità. Tuttavia la mia fede era ben salda,
grazie a Dio.
214 - il suo successore ha parlato di una lobby
gay in Vaticano, una «cupola» omosessuale che costituisce un problema. È anche
lei della stessa opinione? Effettivamente mi fu indicato un gruppo, che nel
frattempo abbiamo sciolto. Era appunto segnalato nel rapporto della commissione
di tre cardinali che si poteva individuare un piccolo gruppo di quattro, forse
cinque persone. L’abbiamo sciolto. Se ne formeranno altri? Non lo so. Comunque
il Vaticano non pullula certo di casi simili.
217 - Come vede il
futuro del cristianesimo?
È palese che i nostri principi non coincidono più
con quelli della cultura moderna, che la struttura fondamentale cristiana non è
più determinante. Oggi prevale una cultura positivista e agnostica che si
mostra sempre più intollerante verso il cristianesimo. La società occidentale,
quindi, in ogni caso in Europa, non sarà una società cristiana e, a maggior
ragione, i credenti dovranno sforzarsi di continuare a plasmare e sostenere la
coscienza dei valori e della vita. Sarà importante una testimonianza di fede
più decisa delle singole comunità e Chiese locali. Avranno una maggiore
responsabilità.
218 - L’elezione
di papa Francesco è forse il segno esteriore di una svolta epocale? Con lui
inizia definitivamente una nuova era?
Le ripartizioni temporali sono sempre
state decise a posteriori: solo in un secondo tempo si è stabilito che qui
iniziava il medioevo o là cominciava l’era moderna. Solo a posteriori si è
visto come si sono sviluppati i movimenti. Per questo ora non azzarderei una
simile affermazione. Tuttavia, è evidente che la Chiesa sta abbandonando sempre
più le vecchie strutture tradizionali della vita europea e quindi muta aspetto
e in lei vivono nuove forme. È chiaro soprattutto che la scristianizzazione
dell’Europa progredisce, che l’elemento cristiano scompare sempre più dal
tessuto della società. Di conseguenza la Chiesa deve trovare una nuova forma di
presenza, deve cambiare il suo modo di presentarsi. Sono in corso
capovolgimenti epocali, ma non si sa ancora a che punto si potrà dire con
esattezza che comincia uno oppure l’altro.
221 - Qual è secondo
lei il suo lato debole?
Forse la risolutezza nel governare e prendere
decisioni. Qui in realtà sono più professore, uno che riflette e medita sulle
questioni spirituali. Il governo pratico non è il mio forte e questa è certo
una debolezza.
E cosa pensa le sia
riuscito particolarmente bene?
(Ride.) Questo non lo so. Nella sua autobiografia si parla spesso di
«nuove pene».
222 - È stato un papa
riformista, conservatore o, come sostengono i suoi detrattori, un fallito?
Non
riesco a vedermi come un fallito. Per otto anni ho svolto il mio servizio. Ci
sono stati momenti difficili, basti pensare, per esempio, allo scandalo della
pedofilia e al caso Williamson o anche allo scandalo Vatileaks; ma in generale
è stato anche un periodo in cui molte persone hanno trovato una nuova via alla
fede e c’è stato anche un grande movimento positivo.
Allora le è piaciuto fare il papa?
(Ride.) Direi che sapevo di
essere sostenuto, per questo sono grato per le molte belle esperienze. Ma è stato
naturalmente sempre anche un fardello.
224s - Lei si trova,
come si è espresso, nell’ultima fase della sua vita. Ci si può preparare alla
morte? Bisogna prepararsi alla morte. Non nel senso di compiere certi atti,
ma di vivere preparandosi a superare l’ultimo esame di fronte a Dio. Ad
abbandonare questo mondo e trovarsi davanti a Lui e ai santi, agli amici e ai
nemici. A, diciamo, accettare la finitezza di questa vita e mettersi in cammino
per giungere al cospetto di Dio.
Lei come
fa?
Meditando. Pensando sempre che la fine si avvicina. Cercando di
prepararmi a quel momento e soprattutto tenendolo sempre presente. L’importante
non è immaginarselo, ma vivere nella consapevolezza che tutta la vita tende a
questo incontro.
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